In mancanza dell’autocertificazione del datore di lavoro sulla valutazione dei rischi e sull’adempimento degli obblighi in materia di sicurezza il credito d’imposta per l’occupazione è revocato, indipendentemente dal fatto che tale irregolarità non sia stata rilevata dalle competenti autorità sanitarie ma riscontrata dall’agenzia delle Entrate che non ha rinvenuto un’idonea autocertificazione.
Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 21698 depositata il 22 ottobre 2010. La storia: dopo una verifica fiscale, l’Ufficio ha notificato a uno studio legale associato un provvedimento di revoca del credito d’imposta, utilizzato in compensazione per gli anni 2001-2002 perché lo studio non era stato in grado di esibire la documentazione riguardante la normativa della sicurezza sul lavoro (Dlgs 626/94 allora in vigore).
Contro il provvedimento, il contribuente ha proposto ricorso eccependo che la mancata esibizione dei documenti si doveva considerare una mera violazione formale che non poteva invalidare il diritto al bonus.
Sia la commissione provinciale che quella regionale hanno rigettato il ricorso del contribuente: per i giudici di appello, la mancanza dell’autocertificazione, (voluta dal legislatore con l’articolo 4, legge 626/94 per semplificare gli adempimenti dei contribuenti “minori”) non può essere qualificata come un atto formale sia per lo stesso valore che il legislatore ha conferito a tale adempimento, sia per le conseguenze penali ad esso connesse.
Avverso tale pronuncia l’associazione professionale ha, allora, proposto ricorso in Cassazione eccependo: 1)il carattere formale e non sostanziale della violazione contestata; 2) il potere dei dipendenti dell’agenzia di effettuare l’accertamento delle violazioni afferenti le prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori; 3) la mancanza di definitività dell’accertamento.
La Cassazione ha rigettato il ricorso. I Supremi giudici, partendo dal dato letterale delle norme (articolo 7, legge 388/2000 e articolo 4, Dlgs 626/94) hanno rilevato come l’autocertificazione (sempre che sia stata anche inviata al rappresentante per la sicurezza) costituisce condizione normativa per poter fruire (con il concorso delle altre condizioni individuate dalla stessa norma) del credito d’imposta ed è, quindi, un elemento indefettibile del beneficio fiscale avente a oggetto detto credito.
Ne consegue che l’Amministrazione può esercitare sia il generale potere di verificare la dichiarazione del contribuente, e quindi di accertare la realtà delle condizioni costitutive del credito esposte e/o supposte dalla dichiarazione stessa, sia quello particolare di revoca in presenza di definitivo accertamento di una delle violazioni sopra indicati.
Rilevano, infine, i giudici, che l’associazione tra professionisti non ha mai contestato (come accertato dal giudice di merito) la materiale inesistenza dell’autocertificazione sulla quale era proprio fondata la pretesa fiscale.
M.D.