sabato 30 maggio 2009

La data certa con la Posta Elettronica Certificata (PEC)

La posta elettronica certificata Ź uno strumento semplice e adeguato a garantire la data certa del DVR, obbligatoria dal 16 maggio. Una nuova normativa obbliga inoltre le aziende a comunicare una casella di posta elettronica al registro delle imprese.

Ormai in Italia e in buona parte d’Europa l’e-mail (acronimo di Electronic Mail) si puė considerare uno degli strumenti di comunicazione piĚ utilizzati, uno strumento che ha il vantaggio di essere immediato e di poter includere non solo testo, ma anche immagini, audio, video o qualsiasi tipo di file.

Tuttavia la posta elettronica ha sempre avuto un problema: la mancanza di sicurezza riguardo all’effettiva trasmissione di quanto comunicato.

Per ovviare a ciė Ź disponibile la Posta Elettronica Certificata (PEC) un sistema di comunicazione simile alla posta elettronica standard ma a cui si aggiungono delle caratteristiche di sicurezza e di certificazione della trasmissione tali da aggiungere un valore legale ai messaggi.

In questo caso certificare l’invio e la ricezione significa fornire al mittente, dal proprio gestore di posta, una ricevuta che costituisce prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio e dell’eventuale allegata documentazione e, quando il messaggio perviene al destinatario, una ricevuta di avvenuta (o mancata) consegna con precisa indicazione temporale.

Segnaliamo che con il Decreto legge n. 185 del 29/11/2008, convertito nella legge n. 2 del 28/01/2009, la Posta Elettronica Certificata Ź ora obbligatoria per le aziende e per i professionisti iscritti ad albi e la comunicazione della casella PEC deve avvenire:

per tutte le nuove aziende al registro delle • imprese e al momento dell’ iscrizione;

per le societą gią costituite sempre al regi• stro delle imprese ed entro 3 anni di tempo dall’entrata in vigore della legge;

per i professionisti iscritti in albi ai rispettivi • ordini o collegi entro 1 anno dall’entrata in vigore della legge.

In specifico al comma 6, 7 e 8 dell’articolo 16 del Decreto legge n. 185 del 29 novembre 2008 Ź indicato che:

Art. 16 (Riduzione dei costi amministrativi a carico delle imprese):

6. Le imprese costituite in forma societaria sono tenute a indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata nella domanda di iscrizione al registro delle imprese. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge tutte le imprese, gią costituite in forma societaria alla medesima data di entrata in vigore, comunicano al registro delle imprese l’indirizzo di posta elettronica certificata. L’iscrizione dell’indirizzo di posta elettronica certificata nel registro delle imprese e le sue successive eventuali variazioni sono esenti dall’imposta di bollo e dai diritti di segreteria.

7. I professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato comunicano ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Gli ordini e i collegi pubblicano in un elenco consultabile in via telematica i dati identificativi degli iscritti con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata.

8. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, qualora non abbiano provveduto ai sensi dell’articolo 47, comma 3, lettera a), del Codice dell’Amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, istituiscono una casella di posta certificata per ciascun registro di protocollo e ne danno comunicazione al Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione, che provvede alla pubblicazione di tali caselle in un elenco consultabile per via telematica. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e si deve provvedere nell’ambito delle risorse disponibili.

Ma la Posta Elettronica Certificata non Ź solo un obbligo per le aziende ma uno strumento utile per la certificazione di alcuni documenti relativi alla sicurezza sul lavoro.

Secondo il Decreto legislativo 81/2008 il documento di valutazione dei rischi deve avere “data certa”: un’indicazione che, se ignorata, rende inadeguato il DVR con conseguenti sanzioni per il datore di lavoro.

Ricordiamo che l’apposizione di data certa sul documento di valutazione dei rischi, il cui obbligo Ź slittato al 16 maggio 2009, Ź possibile in diversi modi: tra questi anche la Posta Elettronica Certificata.

La Posta Elettronica Certificata Ź disciplinata dal DPR n. 68 dell’ 11 febbraio 2005, che ne indica le modalitą di utilizzo e introduce la figura dei gestori del servizio (art. 14); questi gestori sono iscritti in apposito elenco tenuto dal Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (Cnipa) che ne verifica i requisiti soggettivi ed oggettivi.

Tale elenco Ź pubblico e contiene, per ogni gestore, le seguenti indicazioni:

  • denominazione sociale;
  • sede legale;
  • rappresentante legale;
  • indirizzo internet;
  • data di iscrizione all’elenco;
  • data di cessazione ed eventuale gestore sostitutivo.

A coloro che nei prossimi mesi si doteranno di una PEC ricordiamo che attraverso questo strumento le ricevute e avvisi che un mittente puė ottenere sono:

  • ricevuta di accettazione;
  • avviso di non accettazione per eccezioni formali ovvero per virus informatici;
  • ricevuta di avvenuta consegna, che puė essere completa, breve o sintetica;
  • avviso di mancata consegna per superamento dei tempi massimi previsti ovvero per rilevazione di virus informatici;
  • avviso di mancata consegna.

Nel caso poi il mittente smarrisca le ricevute, la traccia informatica delle operazioni svolte - conservata per legge per un periodo di 30 mesi - consente la riproduzione, con lo stesso valore giuridico, del documento smarrito.


da www.puntosicuro.it

mercoledì 20 maggio 2009

Principali Scadenze

SCADENZE AMBIENTALI

30 GIUGNO

RIFIUTI

Possibilitą di effettuare l’invio della Comunicazione annuale dichiarando le quantitą e le caratteristiche qualitative dei rifiuti delle attivitą svolte l’anno precedente.


VERSAMENTO AL COBAT

Consorzio obbligatorio delle batterie al piombo e dei rifiuti piombosi.


SCADENZE FISCALI

16 GIUGNO

F24 pagamento per IVA mensili, contributi INPS/IRPEF, ritenute d’acconto ENPALS

F24 pagamento imposta redditi/IRAP/CCIAA versamento saldo 2008 e 1° acconto 2009

Pagamento INPS contributi a percentuale

Pagamento ICI prima rata 2009

30 GIUGNO

F24 pagamento rateizzazione imposte reddito non titolari P.IVA

Imposta di registro

mercoledì 13 maggio 2009

La sospensione dell’attività imprenditoriale

Come Ź noto il testo unico di sicurezza del lavoro, D.Lgs. n. 81/2008, ha rafforzato la facoltą dell’Ispettorato del lavoro, in caso di utilizzo di lavoratori in nero e per le gravi violazioni di sicurezza del lavoro anche degli organi di vigilanza delle Asl, di procedere alla sospensione dell’attivitą imprenditoriale: l’articolo 14 introduce una importante novitą rispetto al corrispondente articolo 5 della L. n. 123/2007, poiché, oltre a prevedere l’importo della somma aggiuntiva da pagarsi in caso di revoca del provvedimento qualora si sia regolarizzata la violazione, ora stabilita nella misura fissa di euro 2.500, indica nell’allegato I quali sono le gravi violazioni che autorizzano la sospensione della singola e localizzata attivitą imprenditoriale (non di tutta l’attivitą aziendale) se reiterata, ovvero ripetuta (anche la seconda volta solamente), sempre che ciė sia necessario per proteggere la sicurezza e salute dei lavoratori:

Allegato I

Gravi violazioni ai fini dell’adozione del provvedimento di sospensione dell’attivitą imprenditoriale.

Violazioni che espongono a rischi di carattere generale:

  • Mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi;
  • Mancata elaborazione del Piano di Emergenza ed evacuazione;
  • Mancata formazione ed addestramento;
  • Mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile;
  • Mancata elaborazione del piano di sicurezza e coordinamento (PSC);
  • Mancata elaborazione piano operativo di sicurezza (POS);
  • Mancata nomina del coordinatore per la progettazione;
  • Mancata nomina del coordinatore per l’esecuzione.

Violazioni che espongono al rischio di caduta dall’alto:

  • Mancato utilizzo della cintura di sicurezza;
  • Mancanza di protezioni verso il vuoto.

Violazioni che espongono al rischio di seppellimento:

  • Mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno.

Violazioni che espongono al rischio di elettrocuzione:

  • Lavori in prossimitą di linee elettriche;
  • Presenza di conduttori nudi in tensione;
  • Mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale).

Violazioni che espongono al rischio d’amianto:

  • Mancata notifica all’organo di vigilanza prima dell’inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione ad amianto.

È inoltre previsto l’arresto fino ad un anno per il datore di lavoro che, non ottemperando al provvedimento di sospensione, prosegua nella sua attivitą.

ť consigliabile ai datori di lavoro committenti inserire nelle clausole contrattuali dei contratti di appalto come clausola risolutiva espressa, valida anche in caso di subappalto, l’obbligo per il contraente, e l’eventuale subappaltatore, di non commettere mai le gravi violazioni di cui al d.lgs. n. 81/2008, riservandosi il diritto di effettuare controlli a campione e a sorpresa in ogni momento e di procedere alla immediata rescissione del contratto per inadempimento, con eventuale penale a carico della parte inadempiente, salvo il diritto al risarcimento dell’interruzione del rapporto contrattuale per colpa.


da www.puntosicuro.it

domenica 10 maggio 2009

Cantieri: Responsabilità del committente e del coordinatore

Con questa sentenza Ź stata confermata la condanna, congiuntamente al committente, anche del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione per la sua negligenza ed imperizia nella redazione del piano di sicurezza e di coordinamento (PSC), nonché per errate scelte progettuali ed inadeguatezza del PSC medesimo in relazione alle effettive modalitą di esecuzione delle opere in corso.

Il cantiere di cui alla sentenza era stato installato per l’esecuzione di alcuni lavori pubblici di ampliamento del locale discarica di un Comune e durante gli stessi, mentre gli operai della impresa appaltatrice, ultimati i lavori di sbancamento, erano intenti a lavorare ai piedi della parete di uno scavo alta circa quattro metri, una consistente quantitą di terreno era franata travolgendo e seppellendo un lavoratore il quale riportava delle lesioni che determinavano una malattia durata oltre 130 giorni. E’ singolare poi la circostanza emersa che nello stesso cantiere si era precedentemente verificato un altro incidente con modalitą analoghe in quanto nel mentre alcuni operai si trovavano in fondo ad uno scavo una grande quantitą di terra si era staccata dalla struttura laterale dello scavo stesso ed aveva travolto due lavoratori il primo dei quali Ź morto sul colpo mentre l’altro riportava lesioni gravissime decedendo perė qualche giorno dopo.

La causa degli incidenti era stata individuata nello smottamento parziale della parete dello scavo, provocato a sua volta dalla saturazione da acqua del terreno per le consistenti piogge avutesi nei giorni precedenti e dalle modalitą di esecuzione dei lavori che avevano comportato dei fattori di instabilitą del terreno ed improprie sollecitazioni sul fronte della cavitą, quali l’infissione di puntoni in legno lungo il ciglio superiore, dei martellamenti alle banchine durante l’installazione delle strutture in legno nonché la presenza di una canaletta di scolo in cemento che, secondo le previsioni del progetto, avrebbe dovuto essere eliminata.

Dell’accaduto sono stati ritenuti dal Tribunale e successivamente dalla Corte di Appello responsabili sia il committente dell’opera che il coordinatore per la sicurezza designato dall’amministrazione pubblica, il primo dichiarato colpevole per il reato di omicidio colposo plurimo in relazione agli infortuni sul lavoro verificatisi nel cantiere ed il secondo per il reato di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Sono stati condannati il committente alla pena di mesi sei di reclusione ed il coordinatore alla pena di un anno e sei mesi di reclusione.

E.M.

domenica 3 maggio 2009

Conferenza delle Regioni: il primo no al correttivo del decreto 81

La Conferenza delle Regioni ha espresso un parere negativo, adottato a maggioranza, sullo schema di decreto legislativo che modifica ed integra il decreto legislativo 81/2008, il Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

A fronte di questo parere, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha detto che sul decreto correttivo “si va avanti”: “quello che conta è che il parere della Conferenza delle Regioni è un atto liberatorio per l’iter della norma, perché consente la trasmissione degli atti alle Camere e ci permette di rispettare i tempi della delega”.

Tutto questo mentre il 16 maggio scade la proroga dei termini di entrata in vigore di alcuni degli adempimenti previsti dal decreto legislativo 81/2008. Dopo questo termine, salvo ulteriori proroghe dell’ultimo minuto, saranno quindi pienamente vigenti gli adempimenti che erano stati differiti dal decreto legge 207/2008, convertito nella legge 14/2009 (il cosiddetto «milleproroghe»).

Ricordiamo che i principali obblighi riguardano la necessità della valutazione del rischio stress lavoro-correlato e di assicurare una data certa al documento di valutazione dei rischi.

Il parere negativo sullo schema di decreto correttivo - ha spiegato il Presidente della Conferenza - “trae origine da valutazioni strettamente di merito e nasce dal fatto che il decreto proposto oltre ad eccedere i limiti della delega, contiene alcune norme, in particolare l’articolo 2 bis e l’articolo 10 bis (la cosiddetta “norma salva manager”, ndr) - che rischiano di comportare una riduzione dei livelli di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”.

“Per quanto riguarda l’articolo 2-bis, sebbene la norma proposta parli di presunzione di conformità alle norme sulla sicurezza del lavoro, - sottolinea il comunicato emesso al termine della Conferenza - non fornisce sufficienti garanzie in materia, infatti il rispetto di tali obblighi non può essere presunto, ma va accertato caso per caso in relazione a tutti gli elementi mediante i quali va condotta la valutazione.”

Questo articolo, specifica il Presidente della Conferenza, “mette in discussione le competenze delle Regioni” dando spazio “a un sistema di controlli non credibile”, mentre l’articolo 10 bis apre la strada “ad un sistema che mette in discussione responsabilità anche precedenti”.

“Il decreto crea, fra l’altro, confusione di ruoli e di soggetti in particolare nella importante azione di prevenzione garantita dalla certificazione.”

“Per quanto riguarda l’articolo 10-bis, sebbene le Regioni non abbiano formalmente competenza in materia di ordinamento penale, introduce un sistema di esoneri e limitazioni di responsabilità dei vertici aziendali, toccando quindi il tema della prevenzione nei luoghi di lavoro su cui le Regioni - ha concluso Il Presidente della Conferenza - vantano indiscusse competenze, per cui la norma presenta oggettivi profili di illegittimità per eccesso di delega”

E proprio sulla questione dell’articolo 10bis nei giorni scorsi è stato diffuso dal professor Marinucci, professore ordinario di diritto penale all’Università statale di Milano, un appello sottoscritto da una settantina di colleghi che sottolineano il pericolo di una norma che “esonera da responsabilità i soggetti (datore di lavoro e dirigenti) che rivestono posizioni apicali nell’impresa”. Secondo i firmatari dell’appello “non sarebbero più obbligati ad impedire eventi lesivi o mortali nei luoghi di lavoro quando a concausare gli eventi siano condotte colpose di altri soggetti”.

E.M.

venerdì 1 maggio 2009

Trasporto di merci pericolose: dal 1 luglio è in vigore l’ADR 2009

Per la nuova edizione dell’Accordo internazionale che regola il trasporto di merci pericolose su strada (ADR), entrato in vigore il primo gennaio 2009, Ź stato applicato il periodo transitorio di sei mesi che ha permesso di applicare le vecchie norme (ADR 2007) sino al 30/06/2009.

La movimentazione di merci pericolose (carico, scarico e trasporto) Ź regolamentata da accordi internazionali ed in particolare, per il trasporto su strada, dall’Accordo ADR.

Chiunque carichi, trasporti, faccia trasportare e scarichi materie pericolose appartenenti ad una delle tredici classi ADR Ź tenuto ad applicare almeno alcune delle prescrizioni indicate dall’Accordo.

Il decreto legislativo n. 40, del 4/2/2000, stabilisce che il capo dell’impresa che effettui operazioni di trasporto di merci pericolose su gomma, su ferro o su una via navigabile interna, oppure operazioni di carico e scarico connesse a tali trasporti, debba nominare presso la Motorizzazione civile di competenza il proprio Consulente abilitato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Quali merci sono soggetti ad ADR se trasportati su strada?

Tutte le materie che presentano classi di pericolo come ad esempio:

materie liquide o solide infiammabili, materie soggette ad accensione spontanea, materie che, al contatto con acqua, sviluppano gas infiammabili, materie comburenti, materie tossiche o corrosive o infettanti, gas, ecc.

Vediamo in sintesi quali sono le nuove norme:

  • Nuovo formato per le istruzioni di sicurezza che si compone di ben quattro pagine ed Ź lo stesso per tutte le merci (numeri UN),
  • La responsabilitą del documento non Ź piĚ del mittente/speditore ma del TRASPORTATORE,
  • Il documento sarą fornito al trasporto nelle sole lingue che ogni membro dell’equipaggio possa leggere e comprendere,
  • Prima dell’inizio del trasporto i membri dell’equipaggio dovranno prendere nota delle merci pericolose trasportate e consultare le istruzioni da seguire in caso di emergenza,
  • Le stesse istruzioni dovranno essere custodite in cabina in modo da essere facilmente accessibili.

Dall’applicazione di tali norme, consegue che anche il contenuto della cosiddetta “borsa adr”, cioŹ l’equipaggiamento di base obbligatorio a bordo del mezzo, subisce delle sostanziali modifiche.

Per ogni veicolo, a bordo, dovranno trovarsi:

  • un ceppo di dimensioni adeguate alla massa massima del veicolo ed al diametro delle ruote,
  • due segnali di avvertimento autoportanti,
  • liquido per la pulizia degli occhi (non ri• chiesto per le classi 1, 1.4, 1.5, 1.6, 2.1, 2.2 e 2.3),
  • per ogni membro dell’equipaggio:
  • un indumento fluorescente (norma EN 471),
  • una lampada portatile conforme alla dispo• sizione 8.3.4,
  • un paio di guanti protettivi,
  • una protezione per gli occhi.

Sono previsti numerosi equipaggiamenti addizionali a secondo delle classi di pericolo trasportate (dalla maschera facciale con filtri al copri tombino per gli spandimenti di liquido).

E.M.

Cantieri: Responsabilità del committente e del coordinatore

Si ripetono le sentenze di condanna del committente e del coordinatore per la sicurezza nei cantieri temporanei o mobili di cui al Titolo IV del D. Lgs. n. 81/2008, contenente il Testo Unico in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, a riprova che queste sono considerate le figure chiave nella organizzazione della sicurezza nei cantieri temporanei o mobili. In particolare il committente è sempre stato considerato dalla giurisprudenza il perno della sicurezza nei cantieri temporanei o mobili e cioè colui che, a monte, deve organizzare il cantiere edile, designare o meno i coordinatori per la sicurezza se richiesto dalle disposizioni di legge ed assicurarsi che gli stessi svolgano le loro funzioni relative ad una corretta programmazione della sicurezza ed al controllo della attuazione del piano di sicurezza e di coordinamento in fase di esecuzione.

Con questa sentenza è stata confermata la condanna, congiuntamente al committente, anche del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione per la sua negligenza ed imperizia nella redazione del piano di sicurezza e di coordinamento (PSC), nonché per errate scelte progettuali ed inadeguatezza del PSC medesimo in relazione alle effettive modalità di esecuzione delle opere in corso.

Il cantiere di cui alla sentenza era stato installato per l’esecuzione di alcuni lavori pubblici di ampliamento del locale discarica di un Comune e durante gli stessi, mentre gli operai della impresa appaltatrice, ultimati i lavori di sbancamento, erano intenti a lavorare ai piedi della parete di uno scavo alta circa quattro metri, una consistente quantità di terreno era franata travolgendo e seppellendo un lavoratore il quale riportava delle lesioni che determinavano una malattia durata oltre 130 giorni. E’ singolare poi la circostanza emersa che nello stesso cantiere si era precedentemente verificato un altro incidente con modalità analoghe in quanto nel mentre alcuni operai si trovavano in fondo ad uno scavo una grande quantità di terra si era staccata dalla struttura laterale dello scavo stesso ed aveva travolto due lavoratori il primo dei quali è morto sul colpo mentre l'altro riportava lesioni gravissime decedendo però qualche giorno dopo.

La causa degli incidenti era stata individuata nello smottamento parziale della parete dello scavo, provocato a sua volta dalla saturazione da acqua del terreno per le consistenti piogge avutesi nei giorni precedenti e dalle modalità di esecuzione dei lavori che avevano comportato dei fattori di instabilità del terreno ed improprie sollecitazioni sul fronte della cavità, lavori quali l'infissione di puntoni in legno lungo il ciglio superiore, dei martellamenti alle banchine durante l'installazione delle strutture in legno nonché la presenza di una canaletta di scolo in cemento che, secondo le previsioni del progetto, avrebbe dovuto essere eliminata.
Dell’accaduto sono stati ritenuti dal Tribunale e successivamente dalla Corte di Appello responsabili sia il committente dell’opera che il coordinatore per la sicurezza designato dall’amministrazione pubblica, il primo dichiarato colpevole per il reato di omicidio colposo plurimo in relazione agli infortuni sul lavoro verificatisi nel cantiere ed il secondo per il reato di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose e sono stati condannati il committente alla pena di mesi sei di reclusione ed il coordinatore alla pena di un anno e sei mesi di reclusione.

In particolare il Tribunale configurava la responsabilità del coordinatore “nella ricorrenza di profili di negligenza ed imperizia nella redazione del progetto e del piano di sicurezza e di coordinamento, nella violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 12 comma 2 (modalità C di realizzazione degli scavi) con errate scelte progettuali, nella inadeguatezza del piano rispetto alle effettive modalità di esecuzione delle opere in corso con mancata adozione dei provvedimenti conseguenti” mentre al committente, individuato in un geometra del Comune che aveva sostituito l’ingegnere Capo del Comune nel periodo durante il quale era accaduto l’infortunio, e che aveva firmato in tale veste il contratto di appalto, veniva contestato di “non avere effettuato la dovuta azione di vigilanza (prescritta dal Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 6 comma 2) sul cantiere e sulla attività del coordinatore”. “Le cautele non adottate da entrambi i prevenuti” si legge nella sentenza “riguardavano la mancata predisposizione di armatura dello scavo ovvero di consolidamento del terreno”.
Entrambi gli imputati hanno fatto ricorso alla Corte di Cassazione sostenendo il geometra individuato come committente di non rivestire nella circostanza tale figura non avendo lo stesso, nello svolgimento delle funzioni di ufficio, mai avuto autonomia decisionale e di spesa ed il secondo lamentando che la Corte di Appello non aveva individuato attraverso l’espletamento di una perizia tecnica il nesso di causalità tra la sua condotta omissiva e gli eventi verificatisi e che comunque, inoltre, non erano emersi concreti elementi attestanti la colpa a suo carico atteso anche che egli nel capitolato di appalto aveva indicato le cautele da adottare nella esecuzione degli scavi.

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi confermando la correttezza dell’operato della Corte di Appello. Giustamente, secondo la Sez. IV, è stato attribuito al geometra la “posizione di garanzia quale committente dell'opera pubblica, facendo riferimento al principio di effettività desumibile dal ruolo svolto dal predetto, fornito di autonomia tecnica e funzionale nonché di concreta capacità di ingerenza nella fase di ideazione e realizzazione dell'opera”. I poteri decisionali, in ordine all'esecuzione del rapporto contrattuale di appalto, esercitati dall'imputato, prosegue la Suprema Corte, “lo mettevano in condizione di adottare le misure di prevenzione, la cui attuazione diveniva parimenti obbligatoria in relazione alla posizione di garanzia rivestita”.

Analogamente per quanto riguarda il comportamento del coordinatore per la sicurezza la Corte di Cassazione ha ritenuto che nei precedenti giudizi era stata delineata compiutamente ed esaurientemente la sua condotta e che erano state sufficientemente esaminate e ribattute le sue doglianze.

E.M.