mercoledì 12 settembre 2012

Responsabilità sulle macchine

In tutti i casi in cui vi sono più titolari di una posizione di garanzia, in riferimento al rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, ciascuno deve ritenersi per intero destinatario degli obblighi giuridici di impedire un evento infortunistico.
 Questo è quanto emerge dalla lettura di una sentenza della Corte di Cassazione.

Il legale rappresentante di una società è stato condannato da un Tribunale alla pena di euro 6000,00 di ammenda in quanto ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 6 comma 2 del D. Lgs. n. 626/1994 per aver ceduto in locazione finanziaria ad un’altra società una lucidatrice non conforme ai requisiti essenziali di sicurezza di cui all’allegato 1 del D.P.R. n. 459/1996, in quanto il dispositivo di interblocco consentiva l’apertura dal riparo mobile dei rulli quando gli stessi, per effetto della forza di inerzia, erano ancora in movimento ed inoltre mancava un dispositivo di protezione dei rulli stessi sulle zone laterali della macchina.
 Secondo la ricostruzione fatta sull’accaduto gli ispettori dell’organo di vigilanza, nel corso della visita eseguita presso la sede della società a seguito di infortunio sul lavoro occorso ad un lavoratore, hanno accertato che questo si era verificato per l’utilizzo da parte dell’infortunato di una macchina utilizzata per lucidare le pelli. E’ stato accertato che la suddetta macchina era stata concessa in uso alla ditta dalla società proprietaria, della quale l’imputato era legale rappresentante, e che la macchina non era rispondente alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza, poiché all’apertura del riparo mobile dei rulli, utilizzati per spazzolare e lucidare la pelle, gli stessi per effetto dell’inerzia continuavano a ruotare per circa 11 secondi prima di arrestarsi totalmente.
 
Contro la decisione del Tribunale l’imputato ha proposto appello contestando la violazione della norma in quanto la macchina era stata acquistata previo rilascio dal parte della ditta venditrice dell’attestato di conformità della stessa alle disposizioni regolamentari vigenti all’epoca della costruzione per cui nessun addebito gli poteva essere mosso anche per la mancanza del marchio CE in quanto costruita prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 459/1996. L’imputato ha sostenuto, altresì, che non si poteva d’altra parte escludere che la macchina durante il lungo periodo in cui era rimasta presso l’azienda dell’utilizzatore, potesse essere stata manomessa con l’eliminazione degli originari meccanismi di protezione.
La suprema Corte ha fatto osservare in premessa che il reato contestato all’imputato non è venuto meno a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 81/2008 perché la norma originariamente contestata (articolo 6, comma 2, del D. Lgs. n 626/1994 abrogato dall’articolo 304 del D. Lgs. n. 81/2008) è stata sostituita dall’articolo 23 del predetto D. Lgs.
In merito alla pluralità di responsabilità la Sez. III ha sostenuto che “sia la norma abrogata che il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 23 prevedono una pluralità di garanti della sicurezza. In proposito rimangono quindi fermi anche sotto il vigore del Decreto Legislativo n. 81 del 2008 gli insegnamenti impartiti da questa Corte in tema di pluralità di garanti della sicurezza in base ai quali, se sono presenti più titolari della posizione di garanzia relativamente al rispetto della normativa antinfortunistica sui luoghi di lavoro, sia pure sotto diverse angolazioni, ciascuno deve ritenersi per intero destinatario dell’obbligo giuridico di impedire l’evento”. “Di conseguenza”, ha quindi concluso la suprema Corte con riferimento al caso in esame, “il fornitore o l’installatore deve controllare che il fabbricante abbia effettivamente osservato le prescrizioni imposte”.

M.D.