Il lavoratore ha l’obbligo sul lavoro di prendersi cura della propria e dell’altrui salute. Condannato un lavoratore in concorso con il datore di lavoro, per aver cagionato per negligenza l’infortunio mortale di un altro lavoratore.
La posizione piuttosto consolidata nella giurisprudenza in base alla quale il lavoratore risponde del suo operato in materia di sicurezza sul lavoro solo per un comportamento abnorme, del tutto anomalo, esorbitante dalle normali operazioni ovvero incompatibili con il sistema di lavorazione e non anche per un suo comportamento negligente ed imprudente sembra che vada rivista alla luce di una corretta lettura delle norme di prevenzione degli infortuni gią contenute nel D. Lgs. n. 626/1994 ed ora trasferite nel D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.
Con questa sentenza, appunto, la Corte di Cassazione, confermando quanto del resto gią deciso dal Tribunale e dalla Corte di Appello, ha riconosciuto, con riferimento ad un infortunio occorso ad un lavoratore, il concorso di colpa fra il datore di lavoro dell’infortunato ed un altro lavoratore dipendente che con il suo comportamento scorretto e negligente ha contribuito all’incidente nel quale era rimasto coinvolto mortalmente il collega infortunato.
L’infortunio in esame era avvenuto durante dei lavori di taglio boschivo ed a seguito della caduta di un tronco che investiva il lavoratore. Per l’accaduto venivano chiamati a rispondere del reato di cui all’articolo 589 c.p., commi 1 e 2 sia il legale rappresentate dell’azienda che eseguiva i lavori di taglio boschivo, nella sua qualitą anche di responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che il lavoratore dipendente della ditta addetto al taglio degli alberi.
Al primo veniva addebitata la colpa consistita nella violazione della normativa in materia, di prevenzione sul lavoro e precisamente degli articoli 3, 4 e articolo 35 del D. Lgs. n. 626 del 1994 e degli articoli 4, 8, 11 del D.P.R. n. 547 del 1955, ed in particolare per non aver adottato tutte le misure previste dalla normativa di prevenzione degli infortuni sul lavoro necessarie e idonee a prevenire tali infortuni ed inoltre per non aver predisposto un idoneo sistema di prevenzione e protezione in relazione al rischio di caduta di alberi, rischio specifico e altamente probabile in considerazione dell’attivitą svolta e comunque per negligenza, imprudenza e imperizia, per non aver predisposto e per non aver verificato che venissero adottate tutte le misure di prevenzione adeguate per prevenire i rischi connessi all’attivitą di taglio.
Al lavoratore addetto al taglio degli alberi veniva invece addebitata la colpa per la violazione della normativa in materia di prevenzione sul lavoro e precisamente dell’articolo 5 del D. Lgs. n. 626 del 1994 (ora art. 20 comma 1 del D. Lgs. n. 81/2008) e degli articoli 6, 8, 11, che impongono a ciascun lavoratore l’obbligo di prendersi cura della salute propria e di tutte le persone che si trovano sul posto di lavoro e sulle quali possano ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, nonché di osservare tutte le misure poste dalla normativa e dal datore di lavoro a tutela della sicurezza individuale e collettiva, e comunque, per negligenza, imprudenza e imperizia, per non aver approntate tutte le misure idonee a evitare il verificarsi di infortuni ai danni degli altri lavoratori ed in particolare, per non aver provveduto a delimitare accuratamente la zona di taglio e per non aver verificato con assoluta certezza l’assenza di persone nella predetta zona immediatamente prima di effettuare il taglio dell’albero. Per le imputazioni contestate il legale rappresentante della ditta veniva condannato alla pena di nove mesi di reclusione poi ridotta ad otto mesi dalla Corte di Appello mentre il lavoratore veniva condannato alla pena di sei mesi di reclusione, con il beneficio della sospensione, pena successivamente confermata dalla Corte di Appello medesima.
Entrambi gli imputati proponevano ricorso alla Corte di Cassazione sostenendo il primo, il legale rappresentante, che nella circostanza era stato regolarmente redatto un piano antinfortunistico e che i lavoratori erano stati tutti istruiti, formati ed informati sulla sicurezza sul lavoro ed inoltre che la zona interessata al taglio degli alberi era stata debitamente recintata e che quindi non vi era nessuna omissione nel sistema di sicurezza sul lavoro, ed il secondo, il lavoratore addetto al taglio, di aver prestato la massima attenzione al momento del taglio degli alberi e di essersi raccomandato con l’infortunato affinché si allontanasse e si ponesse al sicuro e che non si poteva, altresď, escludere che l’incidente fosse stato determinato dalla stessa vittima che si trovava in labili condizioni psichiche tanto da assumere antidepressivi.
La Corte di Cassazione ha perė rigettati entrambi i ricorsi ed ha confermate le sentenze di condanna gią emanate sia dal Tribunale che dala Corte di Appello.
“Il datore di lavoro – sostiene la Sez. IV in merito alla responsabilitą del legale rappresentante della ditta - deve comunque porre in essere tutti i mezzi a disposizione a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, e l’assoluta mancanza di ogni misura di sicurezza pur in presenza di una situazione di rischio specifico di caduta di alberi, rende conseguentemente responsabile il datore di lavoro che, si ripete, come dettagliatamente argomentato in entrambe le pronunce di merito, non ha provveduto ad alcuna misura di sicurezza né visiva, né acustica, atta ad evitare l’incidente”. Né “l’evidente concorso di colpa del (omissis), altro dipendente presente sul posto e che ha materialmente eseguito il taglio dell’albero che ha causato l’evento, non può certo esimere il (datore di lavoro) dalla propria responsabilità”.
In merito alla responsabilitą del lavoratore la Suprema Corte ha posto in evidenza, in conclusione, che “le raccomandazioni all’amico vittima dello sfortunato incidente non esimono certo l’attuale ricorrente dalle responsabilità nel non avere posto in essere alcun mezzo di prevenzione quale, ad esempio, una segnalazione acustica o un transennamento, che avrebbero potuto impedire l’avvicinarsi della vittima nel raggio di caduta dell’albero” e che anche per il lavoratore valgono le stesse considerazioni svolte nei confronti del datore di lavoro “riguardo alla violazione delle elementari norme di prudenza e di vigilanza, che evidentemente ha determinato l’evento”.